Quei creduloni degli americani? Zombie e altre amenità.

Gli americani sono davvero insuperabili in tanti campi. Per esempio, sono fantastici quando prendono sul serio cose che da noi porterebbero dritti dritti a un T.S.O.. Non per nulla sono andati sulla Luna (non tutti, solo una piccola rappresentanza) quando nessuno ci avrebbe scommesso un centesimo.

Uno dei motivi per cui li amo profondamente (mi succede anche con certi chiaccherati politici) è che riescono a trovare i modi più strani per catturare l’attenzione delle persone (vedi a proposito la mia web-cronoca A scuola di Zombie). Se in Italia ci fosse un accademico che decide di intitolare il suo corso berlusconi-con-la-camicia-di-forzauniversitario in sociologia “ Dalla Rivelazione a ‘The Walking Dead‘” ci sarebbe senz’altro un sollevamento popolare, dalle più alte cariche istituzionali alle fasce più ardite e credulone della popolazione. Gli stessi cittadini che poi decidono di credere nelle divinità, nell’astrologia e nei politici si indignerebbero nel sapere che un’Università investe denaro in corsi che parlano di zombie.

E invece in USA questi stessi corsi sono usati per avvicinare i giovani agli studi, per attirare l’attenzione su temi importanti per la cittadinanza e la società usando una sorta di benevolo specchietto per le allodole. In Italia proprio non ce la si fa.

Certo che da noi in  Europa immaginare il  vicino di casa che si chiude nel bunker-Z con le tasche piene di munizioni anti-zombie e il kit al completo, in attesa che arrivi il giorno (anzi, la notte) in cui i morti si riverseranno sulle strade per farci tutti a pezzettini, è abbastanza irrealistico.

Dicesi effetti collaterali.

A conferma di quanto detto propongo un meraviglioso video catalano in cui si prende leggermente per il culo il popolo anti-zombie, in catalano con sottotoli in inglese per i più  ignoranti di voi.

Anche i fisici, nel loro piccolo, si ustionano

Ecco che finisco una giornata intensa e mi dedico ai fornelli. E anche stasera, nel prepararmi la cena, è arrivato il momento in cui prendo in mano il manico in metallo del tegame, mi brucio e scatta inevitabilmente l’imprecazione. Perché? mi domando demente-mente stupefatta, come se fosse la prima volta, mentre immergo le mie ditina incazzate nere dentro l’acqua gelata del lavello.

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“Hoioi!”

Se contassi le occasioni in cui in vita mia mi sono ustionata, probabilmente un volume di dimensioni bibliche non basterebbe per contenere tutte le frasi da me pronunciate a seguire.

Questo per dire che sapere di scienza talvolta non basta a evitare grossolani errori sperimentali, tanto meno ripetere più o meno volontariamente l’esperimento. Vi siete mai chiesti perché, pur sapendo che a un’azione seguirà una reazione, c’è gente che, come me, continua a non imparare dall’esperienza, quando basterebbe riadattare in maniera furba e conveniente la sequenza delle proprie scelte? Pensavate forse di trovare una risposta al quesito e invece sono io a cercarne una. Sono una fisica, mica l’oracolo di Delfi.

Mi ci vorrebbe forse uno psicologo, uno psichiatra, un sociologo, un antropologo che me lo spiegasse (ma una psicologa, una psichiatra, un’antropologa andrebbero benissimo). Fatto sta che la mia scienza non mi basta a spiegare il perché di un comportamento tanto cretino.

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Il divino Otelma.

Però un’interpretazione personale, e in un certo senso sperimentale, posso darla. Noi esseri umani passiamo l’intera esistenza a ripetere comportamenti che avranno prevedibilmente conseguenze negative per la nostra salute o per il nostro umore. Nonostante tutto, ce ne freghiamo. Ci siamo talmente affezionati che ci costa di più dover rivedere le nostre regole, i nostri valori, i nostri famigliari principi che fare un piccolo, benefico salto di qualità. Insomma, preferiamo mangiare da schifo tutti i giorni che prenderci la briga di aprire un libro di ricette e provare a cambiare il prossimo menu.

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Criceto nella ruota.

Continuiamo a perdere l’autobus al mattino, a stare alzati fino alle tre quando ci aspetta una riunione importante, a fare la guerra al nostro vicino, perdendo di vista l’eventualità che svegliandoci cinque minuti prima, prendendoci una camomilla, o cambiando la nostra prospettiva sul mondo potremmo soltanto guadagnarne, in salute e in serenità.

Detto questo vado a mangiarmi il mio sudato pasto. Come al solito, mi ustionerò la lingua.

Più lord, meno nerd

O meglio sarebbe dire, più signorina meno scaricatrice di porto, più umanista meno scienziata, più umana meno alienata.

Se il tuo scopo, un po’ come il mio, è quello di raffinare i tuoi modi e ritieni che l’aspetto possa essere un facile punto di partenza fai come me: iscriviti a un master in giornalismo dopo quindici anni passati a costruire circuiti, smanettare al computer e gestire gli ormoni dei colleghi fisici a spasso per i corridoi e scoprirai la voglia di sentirti finalmente donna, e solo donna. Per fare tutto questo devi aspettare i 35 anni altrimenti non hai modo di accumulare l’esperienza necessaria per percepire il bisogno di un cambiamento. Oppure, forse, posso indicarti una strada più semplice: le regole auree di Lori.

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Versione inglese della mia consulente di stile.

Lori è una mia deliziosa collega di master: giovane, bella e di formazione umanista. Lori rappresenta l’eleganza fatta persona. Quando la osservo non posso fare a meno di immaginarla tra le mura di Buckingham palace, seduta al tavolo luigi XXVI che sorseggia una tazza di thè assieme alla duchessa di Cambridge (che devo fa’ se ho questa adorazione malata per lei?).

E così, durante l’ultima sessione di master ho colto l’occasione per confessare il mio desiderio. Noi tutti studentelli in erba (età media trent’anni, ma con una spiccata deviazione standard) ci siamo ritrovati, la sera dopo le lezioni, a bere  qualcosa per salutarci. Per qualcosa intendo quelle sei/dieci bevute a testa che mi bastano per stendermi sul tavolo a fare discorsi a razzo missile ma che consentono a lei, a Lori, di mantenere comunque il suo innato savoir-faire. Perché, pensavate che la duchessa di Cambridge fosse astemia? Non è che Kate Middleton non si faccia qualche gin tonic ogni tanto, semplicemente non si mette a gesticolare come una pazza facendo smorfie e discorsi che offendono la sensibilità dei suoi regali sudditi. E così, Lori. Lori beve il suo quinto gin tonic nella sua compostezza.  E normalmente è così carina e gentile anche nel rispondere alle insistenze delle persone moleste che la circondano.

Quella sera la persona molesta ero io. Ho capito in quel momento che quella giovanissima donna aveva qualcosa da insegnarmi. L’ho chiamata, tra i fumi dell’alcol, per richiederle un’intervista.
Il risultato dell’intervista, qui pubblicato, ha la pretesa (la mia) di insegnare lo stile a chiunque ne senta l’esigenza. Desidero renderlo accessibile al mondo in segno di gratitudine nei confronti di una fanciulla che,  colta in un momento in cui avrebbe potuto mandarmi tranquillamente a cacare, ha preso sul serio la mia richiesta di aiuto per essere sempre più lord e sempre meno nerd.

Enjoy it!

LE (VENTI) REGOLE DI STILE DI LORI

  1. Senza trucco non si esce di casa. Le basi del perfetto maquillage da portare sempre nella borsetta sono cinque: correttore, fard, matita per gli occhi, mascara e lucidalabbra o rossetto. Lori raccomanda la moderazione. (penso che intendesse dire che se la mattina alle 7 esci in centro a Trieste truccata come Lady Gaga forse qualcuno potrebbe non trovarti abbastanza elegante. De gustibus.)
  2. Nella borsa sempre una spazzola. (sarebbe utile ogni tanto andare dal parrucchiere, aggiungo io)
  3. Ogni mattina crema idratante per il viso.
  4. Abbinare gli accessori. Le perle si abbinano su tutto, sono un must.
  5. Ogni tanto sfoderare il tacco.

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    Cameron Diaz ha bisogno della sua Lori: la maglia a palle rosso su blu, i jeans azzurri e le scarpe nere: NO, NO, NO!
  6. Solo Angelina Giolì e Gessica Alba possono avere la riga nel mezzo. (il non sapere chi diavolo sia Gessica Alba mi fa credere di essere davvero fuori moda)
  7. Non istigare gare di rutti. (rileggendo la 7. ho avuto come l’impressione che ciò fosse molto legato all’evolversi della serata, forse non si trattava di una regola aurea ma può sempre servire)
  8. Mettere lo smalto, soprattutto se le unghie fanno schifo (sì, sì: ha usato proprio questa parola volgare). Se sei pigra, usa il trasparente che assicura l’effetto lucido e la lunga durata.
  9. Non abbinare le fantasie diverse. (traduzione: camicia a quadrettoni no con calze a fiorellini; le suddette calze a fiorellini no, neppure con il vestito a fiorellini; intendo due tipi diversi di fiorellini, vi immaginate di andare a giro con un vestito a fiori della stessa fantasia delle calze? effetto tende e tendaggi assicurato, ci arrivo pure io. Temo che Anna Sui, questa ragazza che come la Alba non conosco, stamani non abbia seguito questa regola; sarà una bella ragazza ma che calzini si è messa?)
  10. Colori a volontà ma sempre ton-sur-ton. (se il jeans è blu, lo stivale è marrone, NO al maglione nero)
  11. Le scarpe devono essere sempre in linea con le tendenze del momento.
  12. Ton-sur-ton anche le mèches!!! (lo so, ho i ciuffi di capelli bianchi che mi spuntano dalla chioma bruna, sono pigra e odio le tinte)
  13. Vai dal parrucchiere! (un modo aristocratico per mandarmi a quel paese?)
  14. Scegli abiti che valorizzino il tuo fisico. Corollario: evitare vestiti informi.
  15. Non dire “ho un pelo di boiler nel reggiseno”. (Boiler è il mio cane, temo che anche questa debba essere maggiormente generalizzata)

    Boiler: un cane di tendenza, finché i peli stanno addosso a lui.
  16. Guardare Ma come ti vesti? su Real Time
  17. Marche must per essere alla moda senza spendere uno stipendio (che se sei disoccupata più che un must è un are not able to): Zara, H&M, Stradivarius, Bull&Bear
  18. Il total black è sempre una garanzia ma abbinato a accessori colorati (preferibilmente non le scarpe)
  19. Neanche il bianco è neutro. (questa regola mi ha sconvolto! quanta scienza anche nella moda!)
  20. Nel dubbio i jeans. (che ricordiamoci, ha un suo colore intrinseco)
  21. Nel dubbio “còppe”. (cercasi interprete disperatamente)
  22. Senti Vale, e fai il botto! E io l’ho sentita:
  • Gli uomini pensano in maniera più semplice (autoreggenti, parigine, perizoma, reggicalze, baby doll, frustino, manette piumate di rosa… scusate ma a un certo punto è intervenuto il Rubin, nostro compagno di classe e di sbronze ; no, non di classe in quel senso, intendevo che sta accanto a noi col banchino; lo definirei un po’ classical-rude come me)
  • Tenere sempre un asso nella manica di biancheria.

L’ultima regola è quella che ho apprezzato di più poiché mi sono resa conto che era l’unica che, in modo inconsapevole, ho seguito da sempre. Quando si dice avere uno stile innato!

23. A letto non ti vede più nessuno: fai quello che vuoi!

Facile come pulire una lampadina!

OK, chiariamo una cosa prima di tutte: se dovessimo pensare, come realmente è, che ogni passo che ci è dato su questa terra dovesse essere causa di rischio, forse l’unica soluzione per evitarlo sarebbe quella di decidere coscientemente di togliersi la vita.

Certo che c’è modo e modo per fare le cose. E ci sono persone che hanno davvero delle modalità particolari di essere causa di danno per se stesse, e per gli altri.

Per esempio, prendiamo la mia cara zia G. La zia G è una professoressa di lettere, e tutti noi ex-studenti italiani ben abbiamo chiaro in mente lo stereotipo della professoressa di lettere. Ecco, mia zia G è una che inserita nel campione statistico, contribuisce a popolare la zona più estrema e caratterizzante della distribuzione stereotipica delle insegnanti di italiano. Grassotta ma sempre elegante ed impeccabile, ingioiellata per una ragionevole frazione del suo peso totale, mia zia G cambia le lampadine in completo di Armani e ciabattine di pitone (no, non è un’animalista come me).

Sì, cambia le lampadine nonostante le attività tecniche facciano parte delle competenze tipicamente associate alle insegnanti di scienze. Questo perché mia zia G si sente, ed è, persona ancora utile e donna assolutamente indipendente. Lei sa che esistono persone che possono farlo per te, a titolo di favore o dietro compenso pattuito. Lei sa che a settant’anni pulire i lampadari in cima ad una sedia può non essere la condizione più sicura per trascorrere serenamente il lungo tempo della pensione. Ma, sapete, mia zia G è sola e non vuole chiedere aiuto a nessuno. E poi è italiana, e gli italiani sono sempre pronti a risolvere le problematiche più estreme. Non come gli inglesi che ormai chiamano l’elettricista per cambiarle, le lampadine.

Ma veniamo al punto: l’altro giorno, mia zia G decide di dare una pulita al lampadario e a quelle stesse lampadine da lei cambiate con tanta devozione. Prende la sedia, presumibilmente si toglie le scarpe per non sporcare il cuscino. Sale sulla sedia e spruzza abbondantemente di alcool le lampadine sporche sporche che inizia subitamente a strusciare, da brava casalinga, con pagine arrotolate di quotidiano (mia zia G non manca di acquistare ogni giorno il quotidiano e ogni settimana la “Settimana enigmistica” per tenere allenata la propria mente). Ovviamente, non insegnando scienze, prima di compiere queste operazioni omette di attendere il raffreddamente delle lampadine.

Adesso lascio immaginare al mio sparuto gruppo di lettori come sia finita la storia (alcool + calore = “Aiutooo, va a fuocooo!”). Posso soltanto anticipare, per traquillizzare gli animi, che è riuscita a non finire al pronto soccorso e a non dare fuoco all’intero condominio, grazie alla sua agilità di settantenne grassotta ad alta percentuale di massa di gioielli.

Grazie, zia G, per avermi indotta, con il tuo esempio, allo studio della fisica.

Katia vs gli Esperti

Quando l’uomo/la donna della strada (dove per donna della strada non intendo individuare alcuna categoria professionalizzante)  mi chiedono che cosa faccio nella vita resto sempre leggermente seccata. So già che esiste una probabilità di restare invischiata in discussioni scomode. So già che al sentire la parola “astrofisica” sorgeranno nel mio/mia interlocutore/rice di volta in volta imbarazzo, curiosità, sorpresa, ingenuità, indifferenza. I più pericolosi (nel seguito, come nel titolo, ometterò volontariamente la distinzione di genere; non me ne vogliano ma è davvero letterariamente pesante) sono quelli che sanno già tutto, quelli che passano per interessati quando in realtà soltanto fremono dal desiderio di farti capire quanto siano ferrati su questioni di energia oscura, teoria delle stringhe, fotoni, bosoni, kationi e chi più ne ha più ne metta, aspetti afferenti al mio campo di ricerca su cui posso affermare di non sapere un beneamato piffero. E se solo osi tagliar corto, passi per quella che se la tira e che non è interessata a disseminare le proprie conoscenze ai sedicenti poveri/sfigati non addetti ai lavori. Mi scoccia dover ri-convincere persone che sanno già tutto del fatto che le loro convinzioni più che brillare di valore scientifico potrebbero riempire le pagine di un qualsiasi numero di Cazzenger. Sì, sono proprio una che se la tira parecchio.